I CINQUECENTO ANNI DELLA STAMPA DELLA MUSICA A CARATTERI
MOBILI
Prof.Franco Mariani
Ricorre quest'anno il quinto centenario di un avvenimento importante
nel campo della tipografia, secondo forse solo all'innovazione apportata
da Gutenberg alla stampa del libro: nel 1501 a Venezia lasciava i torchi
una raccolta di musica a stampa, per la prima volta realizzata con caratteri
mobili dal tipografo - editore Ottaviano Petrucci, un nome ancora oggi
poco conosciuto ai più, ma ben noto a quanti si interessano di
storia della musica.
La ricorrenza sarà celebrata a Venezia con un Convegno internazionale
organizzato dalla prestigiosa "Fondazione Ugo e Olga Levi per gli
studi musicali" al quale parteciperanno eminenti studiosi di storia
della stampa, della musica e di musicologia provenienti, oltre che dall'Italia,
da Francia, Gran Bretagna, Germania, Canada, Stati Uniti, Nuova Zelanda.
Chi era, dunque, questo Gutenberg della musica?
A Magonza, nel 1457, J. Fust e P. Schoeffer stampano il Salterio, nel
quale ai righi stampati al torchio furono aggiunte a mano le note. Quindici
anni più tardi appare a Essinglen il Collectorium super magnificat,
stampato da Fyner usando note musicali fuse ma con i righi tracciati a
mano in un secondo tempo. Subito dopo, a Roma Ulrich Han (Gallo) stampa
il Missale romanum (1476) che, come recita il colophon "
con
il metodo dell'arte nuova venne composto e stampato insieme con il canto,
il che mai era stato fatto"; l'effetto finale non è entusiasmante
essendo il risultato di una stampa con matrici lignee dal disegno piuttosto
grossolano e dalle dimensioni irregolari.
I tentativi per arrivare a esiti soddisfacenti si susseguirono, ma sempre
con dubbi risultati ed era ormai acquisito che il miglior modo di stampare
musica "figurata", cioè composta da note e canto, fosse
quello di stampare solo due delle tre componenti (righi, note, testo del
canto) e tracciare a mano la restante.
Ottaviano Petrucci fa la sua comparsa a Venezia alla fine del secolo.
Della sua giovinezza non si sa niente: nato nel 1466 a Fossombrone (non
distante da Urbino) si era trasferito in laguna nel 1490, sembra per apprendere
l'arte tipografica, anche se a ventiquattro anni era un po' tardi, allora,
per imparare un mestiere; in effetti cosa abbia fatto Petrucci fino al
1490 rimane un mistero.
Originaria di Fano, città dalla quale era stata allontanata per
motivi politici, la sua famiglia si era trasferita a Fossombrone ed è
probabile che Ottaviano abbia frequentato la nobiltà locale, e
fors'anche a Urbino la corte del duca Federico del Montefeltro e poi di
suo figlio Guidubaldo.
Questa ipotesi è sostenibile considerando la fiducia riposta in
lui dai duchi Della Rovere, successori dei Montefeltro, nel corso della
sua vita; per contro non trova corrispondenza nel mestiere che Ottaviano
intraprende: quella tipografica non era certo arte di prestigio, meglio
sarebbe stato essere mercante.
È possibile poi che Petrucci si sia trasferito a Venezia già
conoscendo la tipografia?
Per quanto se ne sa, la stampa fu introdotta a Urbino proprio nel 1490,
e quindi troppo tardi per Ottaviano. Nel 1476 a Cagli, prossima sia a
Urbino che a Fossombrone, era stata attiva una tipografia che però
non ebbe vita lunga e quindi sembra da escludere che abbia potuto compiervi
un apprendistato.
Se non conosceva la tipografia, conosceva almeno la musica?
Certo è che Petrucci nell'ultimo decennio del secolo è a
Venezia. La Serenissima era all'epoca il centro di gran parte del traffico
internazionale; disponeva di una notevole organizzazione commerciale che
le consentiva di intrattenere rapporti con tutti i paesi che si affacciavano
sull'Adriatico, sullo Jonio, sull'Egeo e con paesi dell'entroterra (Austria,
Boemia, Ungheria).
Oltre alle attività commerciali fiorivano in Venezia quelle artigianali
ed artistiche; le diverse espressioni culturali godevano di protezione
e favori; la vita civile era regolata da ordinamenti illuminati. Il benessere
raggiunto favoriva un tenore di vita elevato nel quale trovavano posto
feste, canti, rappresentazioni musicali e i musici e i letterati che approdavano
da più parti a San Marco erano tenuti in grande considerazione.
La stampa a caratteri mobili aveva trovato in Venezia il terreno ideale
per svilupparsi ed affermarsi: agli stampatori la Serenissima accordava
privilegi (specie di brevetto o monopolio dell'opera prodotta) e nel retroterra
(a Treviso, Toscolano, Maderno) era possibile approvvigionarsi della carta
necessaria, di buona qualità e già esportata in larga misura;
le opere realizzate godevano di un vastissimo mercato di vendita, in pratica
tutte le terre toccate dai mercanti veneziani. Merita ricordare che nell'ultimo
quarto del secolo in laguna operarono più di centocinquanta tipografie,
mentre a Roma erano una trentina, poco meno di cinquanta a Bologna ed
una ventina a Firenze; in quel periodo erano attive molte tipografie,
tra le quali quella di Aldo Manuzio.
Non si sa cosa abbia fatto e chi abbia frequentato Petrucci appena arrivato
a Venezia; dalle due lettere che presentano la sua prima opera si deduce
che si era bene inserito negli ambienti culturali veneziani, così
come è verosimile che abbia incontrato e frequentato due suoi concittadini,
Bartolomeo Budrio e Franceco Spinaccino, personaggi interessanti per le
rispettive attività: tipografo il primo, maestro di liuto il secondo
(del quale Petrucci stamperà un'opera); deve aver, quanto meno,
imparato l'arte tipografica, o deve essersi dedicato a perfezionare le
sue conoscenze.
Il 25 maggio del 1498 Ottaviano avanzò richiesta alla Serenissima
per ottenere il privilegio esclusivo per stampare musica affermando che
"con molte sue spese et vigilantissima cura ha trovato quello che
molti non solo in Italia, ma etiam dio de fuora de Italia za longamente
indarno hanno investigato che è stampar comodissimamente canto
figurado. Ed per conseguenza molto più facilmente canto fermo;
cosa precipue alla Religione Cristiana de grande ornamento et maxime necessaria;
per tanto el soprascritto supplicante ricorre alla Ill.ma Signoria
supplicando se degni concederli come a primo inventore che niuno altro
nel dominio di V. S. possi stampare canto figurado né intabuladure
de organo e de liuto per anni venti ne anche possi portare ne far portare
o vendere dicte cose in le terre e luoghi de Excelsa V. S. stampade fuora
in qualunque altro luogo sotto pena de perdere dicte opere et de pagare
ducati X per ciascheduna opera
"; il Consiglio concesse il privilegio
con la formula: "Quod suprascripto supplicanti concedatur prout petit".
Contro ogni previsione, alla concessione non fece seguito alcuna stampa:
bisognerà attendere fino al 1501 perché veda la luce la
prima edizione musicale stampata interamente con caratteri mobili. Le
ragioni del ritardo potrebbero essere ricercate nella messa a punto del
sistema di stampa, o forse nella necessità di reperire i finanziamenti
necessari per avviare una tipografia propria e per una prima edizione.
Fatto è che dopo tre anni esatti, il 15 maggio 1501, Ottaviano
Petrucci edita la sua prima opera, l'Harmonice musices Odhecaton (noto
più spesso come Odhecaton), cioè cento canti di musica armonica
(in realtà sono novantasei), un volumetto in 4° di forma oblunga
(23 x 16 cm), con testo a caratteri gotici, nitidissimi, stampato con
un inchiostro nero brillante, mantenutosi inalterato nelle pagine pervenuteci
a distanza di cinque secoli. I caratteri metallici usati, non si sa se
in piombo, o stagno, o in loro lega, furono certamente incisi da maestri
del mestiere: non era difficile trovarne allora a Venezia dove i maggiori
stampatori davano rilevante importanza ai caratteri usati per le loro
opere (ricordiamo ancora che all'epoca era attiva da oltre un decennio
la tipografia di Aldo Manuzio, noto per la ricerca posta nella scelta
dei caratteri e nell'eleganza della pagina stampata). È possibile
che il Petrucci si sia avvalso dell'opera di Francesco Griffo, bolognese,
raffinato incisore "dalle mani dedalee", padre del corsivo usato
per il Virgilio stampato da Manuzio (Venezia, 1501) e per il Petrarca
del Soncino (Fano, 1503).
Petrucci non indicò mai quale procedimento adottasse nella stampa;
secondo alcuni questa avveniva in tre impressioni successive: la prima
per i righi, la seconda per le note, la terza per il testo, le iniziali,
i numeri di registro ecc.; secondo altri la stampa - almeno in un secondo
tempo - avvenne mediante due sole impressioni. Ma ciò che meravigliò
fin dall'inizio fu l'elevata perfezione raggiunta nelle impressioni successive
(in pratica le ristampe) nelle quali mai furono riscontrate differenze
di registro, il che faceva dell'opera del Petrucci un vero capolavoro
e del suo autore un vero artista; con i mezzi a disposizione, il problema
della tenuta del registro era una delle maggiori difficoltà che
gli stampatori incontravano in occasione di ristampe (per la carta, supporto
altamente igroscopico, sono sufficienti piccole variazioni di temperatura
e umidità per creare problemi di registro).
L'Odhecaton e le molte edizioni che seguirono, incontrarono subito il
favore del pubblico e il forsempronese deve averne tratto discreti utili,
una parte dei quali venne sicuramente investita nell'acquisto di beni
nella città natìa, dato che - nell'aprile 1504 - il duca
Guidobaldo gli concesse l'onore di essere eletto nel Consiglio di Fossombrone,
nel quale, secondo gli statuti vigenti, nessuno poteva sedere "nisi
sit et esse reperiatur civis originarius eiusdem civitatis, possideat
bona stabilia in dicta civitate forisempronii et eius districtu valoris
centum florinorum ad minus et habitaverit ad minus per viginti annos continuos
".
Nel 1511 Petrucci decise di trasferire la propria attività nella
città natale, spintovi dalla situazione politica veneziana, dalla
scomparsa dei suoi protettori e forse anche dall'età; da un atto
notarile risulta che nell'aprile di quell'anno prese in affitto a Fossombrone
una casa di Francesco di Paolo Guidi da Urbino, con l'uso delle stalle
e della cisterna, al prezzo di ventidue ducati e mezzo l'anno.
Nella sua terra, Petrucci continua a dedicarsi alla stampa, ma non più
solo musicale. Nel 1513 edita l'opera più importante di Paolo da
Middelburgo, vescovo della città: la De recta Paschae Celebratione:
et de die Passionis domini nostri Jesu Christi, più nota come Paulina,
trattato sulla correzione del calendario romano e sui calcoli per determinare
l'esatta cadenza della Pasqua. Un volume prestigioso, con fregi bellissimi
e iniziali stupende, un testo nitido, di grande effetto tipografico, che
ancora oggi colpisce e si lascia ammirare quale esempio superbo di bella
stampa; della Paulina è da rimarcare la bellezza del carattere,
disegnato da Francesco Griffo, in quegli anni presente a Fossombrone.
Nel 1519 Ottaviano Petrucci viene invitato dalla comunità di Sora
(Frosinone) a impiantare colà una tipografia; per rendere più
appetibile l'offerta, la comunità decide di regalare al Petrucci
un appezzamento di terra sulle rive del torrente Carnello per erigervi
una cartiera, in modo che non debba preoccuparsi per l'approvvigionamento
di carta.
Della cartiera nulla si sa, almeno fino ad oggi, ma della sua esistenza
e del suo funzionamento si può essere certi, dal momento che un
atto notarile del 5 gennaio 1535 ne riporta la vendita fatta dal nostro
Ottaviano a Sebastiano Bonaventura di Urbino.
Non è, quella di Sora, l'unica cartiera posseduta dal Petrucci,
che ne ebbe un'altra nei pressi della sua città natale, in località
Acquasanta, nella frazione di San Lazzaro di Fossombrone.
Di questa cartiera, per il cui impianto lo storico forsempronese A. Vernarecci
cita la data del 1520, ma certamente anteriore di alcuni anni (gli atti
notarili di Sora lo identificano già come possessore di cartiera),
Ottaviano Petrucci ne venderà metà nel 1523 e metà
dieci anni più tardi, sempre allo stesso acquirente, Gio. Francesco
di Paolo di Guido di Urbino, antenato della famiglia Passionei.
La Cappella del SS. Sacramento di Urbino, proprietaria dell'antica cartiera
ducale di Fermignano (1407-1874) acquisirà poi anche quella dell'Acquasanta,
che cesserà l'attività nel 1862.
Petrucci muore nel 1539 - per quanto se ne sa a Venezia - dopo un'esistenza
che lo ha visto alla ribalta della intensa vita tipografica veneziana
e dopo aver ricoperto nella sua città natale una serie ininterrotta
di cariche pubbliche.
Delle opere musicali da lui stampate ci restano pochissime copie, peraltro
incomplete, dell'Odhecaton e pochi frammenti delle oltre cento edizioni
musicali edite dalla sua officina tipografica. Più consistenti
le copie pervenuteci della Paulina, due delle quali conservate presso
la Biblioteca Civica di Fossombrone.
Civitanova Marche, autunno 2001
* Docente di Storia del libro presso l'Istituto Superiore per le Industrie
Artistiche di Urbino (del quale è anche direttore) e di Storia
della stampa e dell'editoria presso l'Università degli studi di
Urbino.
È socio dell'IPH (International Paper Historians) e della BAPH
(British Association of Paper Historian), presidente del Centro Studi
"A. F. Gasparinetti" e del Comitato Scientifico del Museo della
Carta e della Filigrana di Fabriano.
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