L’EDITORIA
MARCHIGIANA TRA PICCOLA IMPRESA E ATTIVITA’ |
Dott. Sandro Urbani |
Il libro è una merce. Questa affermazione suona quasi blasfema in bocca a chi – come me – questa merce ha il compito di raccogliere , custodire e mettere a disposizione di chi ne abbia, per i più vari motivi (studio, piacere, curiosità ecc. ecc) bisogno; in poche parole un bibliotecario. Perché il libro è in qualche modo trasfigurato, meglio sublimato, dal suo contenuto ; è sì un assemblaggio di un certo numero quinterni di un prodotto industriale ricavato ormai pressoché totalmente dalla pasta di legno :la carta ( la carta da stracci, magari pure filigranata come quella prodotta dalle gualchiere presenti in questa mostra, è riservata pressoché esclusivamente al libro d’arte) su cui alcune macchine hanno provveduto a lasciare dei segni: la stampa appunto; questo assemblaggio, fatto nei più vari modi:incollaggio, cucitura ,graffatura ecc, che però tutti contribuiscono a dare maggiore o minor valore al prodotto finito, porta alla realizzazione di un prodotto ultimo che viene venduto a prezzi variabili in appositi locali specializzati. Ma quei segni che le macchine lasciano sui fogli bianchi di carta sono idee, sono saperi, sono storie, sono favole, sono poesie,sono emozioni, sono immagini che il libro permette di fissare prima e di trasmettere poi, questo fa sì che il libro venga visto non più come un prodotto industriale – una merce appunto – ma come un qualcosa che diversamente dalle merci, diciamo così normali, non può e non deve essere consumato ma salvato ,custodito e tramandato perché contiene qualcosa di utile e prezioso per tutti noi. Eppure ,eppure, un tarlo mi rode e ci rode dentro :il libro ha un prezzo ,lo compriamo ,tiriamo fuori dei soldi per prenderlo e portarcelo a casa né più né meno che come l’olio e la pasta e i pelati; come questi lo troviamo ormai negli stessi punti di vendita, i supermarket; lo mettiamo insieme nel carrello della spesa; come questi cerchiamo di comprarlo spendendo – se possibile - di meno ( sconti,promozioni, settimane del libro, remainders - i prendi tre e paghi due del libro) è quindi a pieno titolo una merce e come tale lo consideriamo. Noto adesso che ho affiancato al libro solo prodotti alimentari; l’inconscio del bibliotecario ha colpito ancora: il nutrimento dello spirito con il nutrimento del corpo ; rimanendo nella metafora faccio en passant notare che per ambedue si è provveduto a stilare un elenco di prodotti nocivi: l’E152, come le idee scomode , solo che l’elenco dei libri proibiti ha preceduto di quattro secoli e mezzo quello delle sostanze nocive. E allora proviamo a ragionare un poco sulla storia di questa merce strana . Prima del libro c’era il manoscritto e anche questo era una merce – rara e preziosa; vi erano da ricompensare settimane e mesi di paziente lavoro di copiatura ,l’opera del o dei miniaturisti, il supporto – la pergamena – era anche questo caro e raro; tutto contribuiva a far sì che avere un manoscritto potesse permetterselo solo un qualcuno in grado di tirare fuori somme consistenti: i potenti dell’epoca, signori, grandi banchieri, grandi commercianti, i grandi ecclesiastici, cardinali, vescovi, abati (per questi ultimi la faccenda era un po’ più complessa: il manoscritto era anche strumento di lavoro), per i quali costituiva la proprietà di un manoscritto era anche uno strumento di vanto ,la testimonianza fisica del raggiunto successo al pari del palazzo di famiglia,dei gioielli, delle sete e dei velluti color porpora (l’unico rosso che non virasse sul marrone nel tempo). Viene subito in mente Federico da Montefeltro nel bel ritratto del Berruguete: armato di tutto punto,inginocchiato ,intento alla lettura; questa è l’immagine che vuol dare di sé :un guerriero, credente e amante delle arti. Vi confesso che non trovo molto credibile che un rude uomo d’armi come Federico – arrivato al punto di farsi tagliare un pezzo di setto nasale per meglio vedere e controllare i campi di battaglia – trovasse molto tempo da dedicare alla lettura; ma il raccogliere i tanti codici e manoscritti che poi hanno costituito la base – la più importante – della Biblioteca apostolica vaticana ( narrano le cronache di una fila interminabile di carri che trasportò a Roma tutto il contenuto dei Palazzo ducale di Urbino fra lo sconcerto e l’angoscia di una popolazione attonita consapevole di stare assistendo alla fine di un’epoca) era uno dei segni della raggiunta potenza; merce pregiata fra le merci pregiate. E per quale ragione un conservatore un po’ fuori tempo e con l’occhio rivolto al passato, il conte Monaldo – l’ultimo spadifero d’Italia amava definirsi – si è messo a raccogliere libri ed a costituire una biblioteca, che la famiglia Leopardi non aveva, se non per riaffermare, come i signori rinascimentali – che gli erano riconosciuto modello – il raggiungimento di un qualche potere della sua famiglia nella vicina Recanati ? il percorso è lineare: prima il palazzo , poi i libri; prima il vescovado (Orazio), poi il gonfalonierato (lui) ; i tempi, purtroppo per lui, erano ormai diversi e il prodotto finale è stato, fortunatamente per tutti noi, Giacomo ; ma è indubbio che il possesso di tanti libri/merce dovesse costituire un segnale visibile del raggiunto potere. Non è che con l’avvento della stampa a caratteri mobili la situazione sia poi molto cambiata; anzi è proprio ora che il libro assume in pieno la valenza di una merce anche di consumo perdendo tutta quell’aura di sacralità artistica che il manoscritto per forza di cose aveva. Compaiono i primi editori, gente che campa, e anche bene, stampando e vendendo libri. E accanto a loro compaiono i primi finanziatori: banchieri, commercianti, qualche volta volgari speculatori che investono il loro denaro nell’edizione di un libro, magari imitando il modello del manoscritto: poche copie da affidare a miniatori per il loro abbellimento e completamento e da vendere sul mercato internazionale a pochi e danarosi potenti che potevano avere il privilegio di vederselo personalizzato con il loro stemma , impresa sostenuta e finanziata da un pool di banchieri, tutto ciò ricorda da vicino l’odierno libro d’arte, poche copie stampate in maniera accuratissima su carta da stracci a mano, ottimamente rilegate e arricchite con stampe originali di uno o più artisti ; merce pregiata che assicura buoni guadagni. Chi non ha visto la pubblicità di queste iniziative ? chi non ha ricevuto per posta il coupon per ordinare una di queste merci garantite rare e preziose tanto da costituire “un ottimo investimento il cui valore si rivaluta nel tempo”? La faccio breve : con l’andar del tempo il progresso tecnico che porta macchine da stampa sempre più complesse e veloci , il mercato che si allarga sempre più raggiungendo sempre nuovi clienti - la borghesia prima e i ceti popolari poi -portano a tirature impensabili ,a volte assolutamente incredibili, che richiedono un tale livello di professionalità e di conoscenze da rendere impossibile e impensabile che se ne possa occupare una sola persona ,nascono le case editrici :industrie il cui scopo è quello di produrre ,guadagnando, non pasta, pelati dentifrici et alia ma libri ; ed anche per essi vale l’alea imprenditoriale né più ne meno come per qualsiasi altra attività industriale. Magari la motivazione a monte non è assimilabile a quella di chi decide di mettersi a produrre frigoriferi o televisori , molte volte c’è anche l’interesse e la voglia di fare e diffondere cultura ma alla fine tutto si uniforma e le cronache ci danno spesso notizia di manager che passano da un’industria manifatturiera ad una editoriale e viceversa. Anche nella nostra regione – e vengo più propriamente all’argomento di questa tavola rotonda –vi è un’analoga situazione : vi sono alcuni imprenditori che hanno deciso - per le più varie ragioni e le sentiremo in alcuni degli interventi che seguiranno - di campare producendo libri anziché scarpe, o cucine, o cornici d’argento. Allo stesso modo nell’editoria vi è una situazione comparabile a quella del modello marchigiano; molte piccole case editrici ed alcune- poche ,molto poche -si contano sulle dita di una mano - che a loro confronto possono definirsi colossi ma che se riportate su scala nazionale tali non sono più. Vediamo di analizzare per quanto possibile il settore editoria nelle nostre Marche:quante case editrici, quanti addetti ,quanto fatturato. Qui casca l’asino; non esiste da nessuna parte uno studio in grado di rispondere a queste domande; quando ho avuto l’incarico di preparare questa relazione sapevo che avrei trovato delle difficoltà ma non credevo di dovermi muovere nel vuoto pressoché assoluto; il servizio statistico regionale non aveva dati di sorta, al massimo poteva farmi avere per e-mail i dati della banca dati della Unioncamere La camera di commercio di Ancona mi ha fornito i primi dati su cui lavorare innanzitutto il settore comprende oltre all’editoria, la stampa e riproduzione di supporti registrati e si articola in tre sottosettori oltre al primo, editoria vera e propria , vi ne è un secondo “stampa e attività dei servizi connessi alla stampa” diviso in 5 sottosettori che vanno dalla stampa di giornali, alla rilegatura dei libri, alla fotoincisione e infine il terzo “riproduzione di supporti registrati” con tre sottosettori audio, video e informatica. A noi interessa esaminare il primo, l’editoria, che risulta diviso in cinque sottosettori 1) edizione di libri , opuscoli, libri di musica ed altre pubblicazioni, 2) edizione di giornali, 3) edizione di riviste e periodici , gli altri due riguardanti i supporti sonori registrati e altre edizioni non hanno rilevanza ai fini della nostra analisi. Ebbene vi sono nella nostra regione 70 iscrizioni per il punto 1) editoria vera e propria , 21 per l’ editoria di giornali,47 per le riviste e i periodici, per un totale di 138 aziende ;vi sono poi 61 iscrizioni genericamente ascritte alla voce editoria e che non possono essere ricondotte, evidentemente per una più o meno voluta vaghezza da parte dei richiedenti, ad uno dei sottosettori sopraindicati,il totale passa a 199 Gli addetti sono in tutto 425 (rispettivamente 74, 112, 71 e 168) a occhio e croce un po’ pochi , poco più di due addetti ad azienda , l’editoria vera e propria ( 74 addetti) darebbe lavoro praticamente al solo editore : il dato non è credibile . Vi risparmio il dettaglio dei dati provinciali , se qualcuno vorrà conoscerli o li illustrerò in sede di replica oppure, meglio, fornirò fotocopia dei dati in mio possesso. Il buio più assoluto per quanto riguarda il fatturato. Altra e più attendibile fonte di informazione l’Istat che nell’anno appena trascorso ha effettuato l’ottavo censimento dell’industria e dei servizi i cui risultati a oggi non sono pronti; con parecchio ritardo sono stati elaborati alcuni – pochi - dati generali che non sono stati ancora pubblicati ,forse - si spera - tutto sarà elaborato e disponibile entro la fine dell’anno; si può solo far riferimento alle risultanze del censimento intermedio del 1996 ;probabilmente non sono del tutto attendibili, cinque anni sono molti , ma forse non vi sono stati grossi cambiamenti ; spero di potervi dare in una prossima occasione l’aggiornamento. Vediamoli in dettaglio; il settore “ editoria, stampa e riproduzione di supporti registrati” è composto da ben 656 aziende con un totale di addetti di 3.189 persone – praticamente cinque persone ad azienda – il dato è più credibile. Il sottosettore editoria censisce 105 aziende per un totale di 336 addetti anche qui siamo in presenza di un dato che può essere considerato realistico, la media di tre addetti per azienda è – sulla base della mia esperienza – molto più attendibile. ( la differenza del numero di industrie fra l’Istat e l’Unioncamere (94 iscrizioni in più) potrebbe trovare una spiegazione nella diversa logica che ha portato alla creazione delle due banche dati ; ’Istat fotografa in determinato periodo la situazione reale: quante ditte effettivamente in quel periodo operano davvero ;l’Unioncamere invece quante ditte sono iscritte; non è in grado di dire se poi concretamente esercitano la loro attività. Vi è la possibilità di confrontare i dati – anche se per scrupolo l’Istat fa presente che le modalità di rilevazione e la conseguente classificazione delle aziende non sono omogenee fra loro - con il censimento del 1991; vediamoli : 652 aziende (- 4) per 3.048 addetti ( - 141 ) nel settore generale ; 72 aziende ( - 33 praticamente un terzo di più) per 324 addetti (solo – 12) nell’editoria , al boom delle aziende non è seguita una analoga crescita degli addetti all’incirca il 4% ; non riesco trovare altra spiegazione che l’utilizzo sempre più spinto delle tecnologie informatiche. Anche in questo caso nulla sappiamo circa il fatturato e non è mancanza da poco. Un dato che pure non conosciamo è quello relativo al numero dei titoli stampati ogni anno e le relative tirature (è una ovvia conseguenza della ignoranza del fatturato) ma in questo caso uno spiraglio l’abbiamo : il dato empirico della sezione marchigiana della Biblioteca del Consiglio regionale – quella che appunto da oltre vent’anni dirigo. Forse non tutti sanno che il CR ha una biblioteca –come peraltro tutte le assemblee legislative – dalla Camera al Senato agli altri Consigli regionali e che il regolamento interno ha previsto che provveda a raccogliere tutto quanto si pubblica nelle Marche ( nella pratica si è aggiunto quanto si pubblica sulle Marche); per facilitare questo compito la legge sulle biblioteche ha stabilito che gli EE.LL. della Regione depositino presso la B del CR copia delle pubblicazioni da loro curate – normalmente ciò non avviene; abbiamo ovviato cercando di recuperare tutte le notizie di qualsiasi fonte che riguardano la pubblicazione di libri, libri che poi provvediamo a richiedere; questa negli ultimi anni è divenuta una prassi attenta e consolidata che ha dato ottimi risultati ( anche se non proprio tutti aderiscono alle nostre richieste) per cui possiamo dire che la produzione libraria delle Marche è custodita pressoché interamente presso il CR ;ebbene uno screening per rilevare la data di pubblicazione dei volumi catalogati ci dà per gli anni dal 1990 al 2000 un valore costante di .mediamente .circa 400 volumi l’anno; chi vuole può provare a spanne a elaborare una ipotesi di fatturato calcolando una tiratura media di 2.000 copie ed un prezzo medio di 30 € a volume; tutto questo non ha alcuna pretesa scientifica e non mi azzardo a fare cifre di sorta anche perché resterebbero fuori riviste e altri prodotti a stampa assolutamente non determinabili. A proposito del deposito onestà vuole che precisi come la stessa legge preveda che la Regione depositi presso tutte le Biblioteche delle Marche le sue pubblicazioni; per quanto riguarda il CR con qualche affanno, a forza di insistere, sono riuscito ad ottenere che ciò avvenisse; per quanto riguarda la GR nessun assessorato ha mai provveduto a depositare alcunché in una qualche biblioteca - compresa quella del Consiglio peraltro, evidentemente per non fare favoritismi. Dirò di più la legge sull’editoria regionale prevede che il Centro per i beni culturali acquisti un certo numero di copie di opere meritevoli da distribuire presso le B della regione; da due anni la distribuzione non avviene e nei magazzini del Centro si accumulano scatoloni su scatoloni, chissà forse un giorno…… Per quanto riguarda le riviste la B che dirigo ne ha nel tempo raccolte e catalogate circa 900 (891 per la precisione) E’ il punto di maggior concentrazione nella regione e a noi fanno riferimento tutti coloro che per i più vari motivi hanno bisogno di poter avere a disposizione un panorama il più possibile completo dell’editoria periodica regionale - da ultimo l’ordine dei giornalisti – è quasi pronta la seconda edizione del catalogo a stampa ( avevamo intenzione di presentarlo in questi giorni qui a Civitanova ,ma – per motivi eminentemente tecnici (tempi di stampa)- ciò non è stato possibile; garantisco comunque che è ormai questione di poche settimane. Di queste novecento escono con una certa regolarità all’incirca quattrocento , ma quante fra di esse sono veri e propri periodici? Ci aiuta in questa ricerca la legge 51/97 “ provvedimenti per l’editoria marchigiana” che all’art 3 prevede contributi per i periodici locali; uno dei requisiti per ottenere contributi è quello di essere usciti regolarmente nell’ultimo anno : ebbene su un totale di 93 riviste che hanno presentato domanda a partire dal 97 nel 2001 hanno ricevuto contributi solo in 25. Aggiungiamoci pure qualche altra rivista che non ha fatto domanda ,penso di poter affermare con tutta tranquillità che attualmente nelle Marche non escono regolarmente più di 40/45periodici; nulla si sa sulle tirature , sulle vendite e sul fatturato complessivo ( sarebbe interessante conoscere quale e quanto sia il sostegno dato dalla pubblicità). E’ tempo di trarre le conclusioni. Le cifre che ho fatto ci danno un quadro di un settore asfittico e marginale nel contesto dell’economia marchigiana. Non potrebbe essere diversamente: una popolazione di 1.400.000 persone (mezza Milano un terzo di Roma ) dotata di un numero desolantemente basso di punti di vendita specializzati (leggi librerie) : solo 37 – una ogni otto comuni (soliti dati della Camera di commercio), non è e non può essere in grado di sostenere adeguatamente l’attività di addirittura 200 editori; ma anche a voler prendere il dato più basso, quello che abbiamo detto essere indicativo degli editori veri, siamo pur sempre intorno a cifre (70/100) che non ritengo credibili. Per meglio chiarire le ragioni di questa mia incredulità farò riferimento ad una esperienza personale recente. L’UdP del CR ha deciso quest’anno che la B avrebbe partecipato alla Fiera del libro di Torino ponendosi anche al servizio degli editori marchigiani, offrendo di ospitare nel proprio stand una panoramica della più recente produzione libraria regionale e a tale scopo si è organizzato un incontro ad Ancona di quanti fossero interessati Abbiamo fatto riferimento al nostro catalogo e in esso abbiamo estrapolato all’incirca un centinaio di editori ; ci è ritornato indietro un quarto degli inviti, le poste non erano state in grado di rintracciare i destinatari; ne abbiamo dedotto che gli editori marchigiani in attività erano circa 80; solo una trentina di essi ha poi partecipato effettivamente alla riunione . Pertanto mi sento di affermare che, con tutta probabilità ,il numero 45/50 di editori puri operanti con continuità per pubblicare libri e/o riviste può essere considerato vicino al vero. L’altra cosa che mi sento di affermare , sempre sulla base della mia esperienza professionale, è che sta cambiando la figura dell’editore marchigiano tradizionale, non più un piccolo imprenditore che pubblica libri anche belli, anche importanti riguardanti la regione e non solo - ma che cerca aiuti ed appoggi a destra e a manca per aver garantito ,prima ancora di stampare ,l’acquisto da parte di banche, comuni, province, regione del numero di copie sufficiente a rientrare nelle spese e che magari utilizza la casa editrice per poter fare un percorso di affermazione personale , ma un imprenditore con un progetto ben delineato da portare avanti e che si confronta con successo con il mercato Don Lamberto Pigini è a capo di una di queste industrie editoriali e può dire di aver vinto la sua sfida, ce ne darà poi una testimonianza ,è l’editore marchigiano certamente più conosciuto; i suoi fumetti in latino gli hanno dato notorietà internazionale, ma nel settore della letteratura per l’infanzia ed i testi scolastici vi è anche la Raffaello di Monte San Vito, promotrice di un premio letterario nazionale che si tiene ogni anno a Cingoli e che sta avendo (il premio ) un successo sempre crescente. E non sono i soli; da Torino sono tornato con la consapevolezza che almeno altre due case editrici hanno raggiunto una notorietà che travalica gli angusti confini della nostra regione ( Liberi libri e Quodlibet) ; c’è anche che non figura in prima persona: la Jacka Book editrice che sicuramente avrete sentito nominare se non altro perché ha fama ,non del tutto infondata alla luce del catalogo, di essere vicina a Comunione e Liberazione, sta pubblicando una collana di splendidi volumi illustranti il patrimonio artistico delle regioni italiane ( il direttore editoriale mi ha assicurato che i volumi sulle Marche sono di prossima uscita) ebbene il progetto grafico ,la realizzazione editoriale e la stampa sono a cura delle arti grafiche D’Auria di Ascoli Piceno; altri ci stanno provando la Metauro libri di Senigallia, Humana e qualcuno sicuramente mi sfugge e me ne scuso fin d’ora. Ebbene, e credo che il presidente della rinata associazione editori marchigiani (anche questo è merito di Torino) ne darà conferma, questi chiedono alla Regione non più il sussidio , quasi l’elemosina, dell’acquisto di un per forza di cosa ridotto numero di copie ( al massimo 120 quante sono le biblioteche della nostra regione - altro dato sconfortante : più della metà dei comuni marchigiani sono privi di biblioteca) ma azioni di sostegno e di conoscenza; al pari delle altre industrie della Regione chiedono di essere inseriti nel programma di partecipazione alle grandi fiere nazionali e internazionali predisposto ogni anno dall’assessorato all’industria (avrei avuto molto piacere che l’assessore Spacca fosse stato presente speriamo che qualcuno oggi pomeriggio gli riferirà quanto detto in questa sede) non solo ovviamente Torino, ma anche Napoli con Galassia Gutemberg, Parigi con il suo Salon e Francoforte per la Buchmesse ( per quest’ultima che si terrà alla fine di ottobre ho avuto e sto avendo forti pressioni da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri ma allo stato la difficile situazione del bilancio del CR non permette di accogliere la richiesta) e infine si chiede che venga organizzata – possibilmente a turno fra le quattro province - una mostra mercato dell’editoria marchigiana; ho preso contatti con il responsabile del settore attività produttive della GR che ha condiviso questa impostazione. Speriamo bene come si suol dire: se son rose fioriranno. |